Sognare un mondo più gentile
Diana Schimmenti 1 D
Mary
era il suo nome, 9 erano gli anni che doveva compiere fra qualche giorno. Era
una bambina molto bella, solo nata nel periodo sbagliato. Aveva i capelli
lunghi, ricci e rossi come il fuoco, i suoi occhi erano grandi e allungati color
nocciola, il suo piccolo naso era a punta e le sue labbra fini con un neo sopra
il labbro a destra; i suoi vestiti erano ormai usati, bucati e piccoli per il
suo corpo che mano a mano cresceva, ma purtroppo non poteva permettersi altro.
Lei era una bambina molto fortunata, sua mamma era una super eroina! Ogni giorno
tornava a casa, con ferite di combattimento, ma aveva sempre il sorriso pronto a
ripeterle sempre la stessa frase “Ho sconfitto il nemico, ma purtroppo nel
combattimento mi sono ferita, ma tu non ti preoccupare, la mamma ti proteggerà
da tutto e tutti!” Mary non aveva mai compreso il vero significato della frase.
Sua madre era una donna splendida: anche lei aveva dei lunghi capelli rossi che
le arrivavano oltre la schiena, era molto alta, snella e con degli occhi verdi e
rotondi.
Fin
da quando Mary era piccola, la madre ha sempre cercato di ricoprire anche il
ruolo del padre, che lei non ha mai conosciuto, la mamma era una donna con un
cuore di caramello come diceva sempre quella dolce e vivace bambina ai suoi
pupazzi, i suoi unici amici; non capiva perché, ma nessuno in città voleva
parlare con lei, sembravano spaventati e disgustati, ogni volta che passeggiava
per il parco tutti i genitori tenevano stretti i figli, come se avessero visto
il diavolo in persona. Era un mondo ingiusto, perché quei bambini non volevano
mai parlarle? Forse erano i suoi capelli il problema, aveva sentito infatti
alcune donne parlare del colore di capelli della madre, dicendo cose meschine,
senza senso, “Perché un colore di capelli è così importante per quelle signore?”
Così arrivava spesso a chiedersi: “Perché mamma combatte per un mondo che non la
vuole?”, “Perché ferirsi per qualcuno che non parlerebbe con loro neanche se
fossero rimaste le uniche persone al mondo?”. Non lo capiva , ma proprio questo
altruismo che aveva la madre la stupiva tanto. Ultimamente sua madre tornava con
ferite sempre più profonde e gravi, un giorno, però, non tornò più, ormai era
sera e di solito tornava verso le 18, “Perché non torna?” si domandava la
bambina. Sua madre, fin da quando Mary era piccola le impose solo una regola:
mai uscire dopo il tramonto, ma questa volta decise di fare uno strappo alla
regola, andò in città ma non vide nessuno, poi notò al lato di un edificio un
ragazzo che correva come se fosse pazzo gridando: “Oggi bruciano le streghe in
piazza! Andate a vedere!” Non aveva mai sentito quella parola, “strega”, che
cosa voleva dire? Incuriosita da questa nuova parola andò nel luogo indicato dal
ragazzo ma quello che vide la lasciò senza parole, lì, in mezzo a tutta quella
paglia, legata ad un pezzo di legno messo in verticale c’era sua madre “Perché è
lì?” Proprio nel momento in cui si fece questa domanda la madre la guardò,
sorrise e le rivolse queste parole: “ Tranquilla, non ti preoccupare, io sto
andando a compiere una missione in un altro mondo, però tu ora vai a giocare con
i tuoi pupazzi dai!” Nel momento in cui finì di pronunciare questa frase, un
uomo alto, robusto e con una grande fiaccola in mano le rivolse delle ultime
parole prima di lanciare quest’ultima frase: “Brucia all’inferno strega,
tornatene nel luogo a cui appartieni.” In quel momento la madre si illuminò,
Mary la guardava con stupore “Sembra una stella”, pensava tra sé e sé.
Mary
se ne stava per andare quando tutti si girarono verso di lei e per quanto
ingenua capì subito che la prossima vittima sarebbe stata proprio lei, ma non
era affatto triste o spaventata, anzi al contrario, era molto contenta! “Sarò la
super eroina più forte del mondo!” pensò mentre veniva accompagnata dallo stesso
uomo di prima, con la stessa fiaccola che era stata accesa nuovamente. La
legarono ad un pezzo di legno, la ricoprirono di paglia e poco prima di prendere
fuoco si fece una sonora risata, “Magari nell’altro mondo saranno più gentili,
magari l’altro mondo vale la pena salvarlo” e poi l’uomo buttò la fiaccola, “Fa
male, molto male, ma va bene così, mamma ha sofferto di più e mi starà
aspettando pronta a salvare il prossimo pianeta con me!”. I suoi occhi
brillavano, la sua pelle brillava, riusciva quasi a vedere le sue ossa, e poi
buio, “Chissà quando arrivo.”