MAFIA, ZONA GRIGIA E MALAGIUSTIZIA - QUALE STATO DI DIRITTO

Elisa Maria Sutera e Andrea Seminara 2E

Luciano Iapichinoascolta l'intervista

Caponnetto

CaponnettoIl 3 aprile 2023 abbiamo avuto il piacere di ospitare un rappresentante della Fondazione Caponnetto e di assistere ad un suo intervento nell’incontro “MAFIA, ZONA GRIGIA E MALAGIUSTIZIA-QUALE STATO DI DIRITTO” svoltosi nella sala teatro del nostro istituto.
Si è parlato di mafia, dell’arresto di Matteo Messina Denaro e della latitanza in generale, di Barcellona Pozzo di Gotto, di Attilio Manca e della zona grigia in maniera più specifica: un percorso voluto dalla Fondazione Caponnetto in occasione del ventennale della morte di Antonino Caponnetto.
Dunque, vediamo cos’è la zona grigia.
La zona grigia in letteratura è un’espressione usata da Primo Levi quando descrive la classe dei prigionieri privilegiati, nonché coloro che avevano accettato di collaborare con il potere. Il termine viene utilizzato come una metafora nell’ambito della criminalità organizzata, quando si parla di molti e noti proGiuseppe Letiziafessionisti che dietro la maschera della rispettabilità Carnevaleoffrono consulenze e la loro professionalità alle consulterie criminali; sono commercialisti, notai e, con il caso del latitante più ricercato d’Italia, Matteo Messina Denaro, si è aggiunta la categoria dei docenti. La zona grigia è apparsa anche nella storia della nostra repubblica in diversi casi,due in particolare: il primo caso è ambientato nella Sicilia degli anni ‘50, una Sicilia impantanata nella miseria, che non riesce a scrollarsi gli stereotipi della prepotenza mafiosa, una Sicilia della mattanza dei sindacalisti. Fra questi ultimi, Turiddu Carnevale che, giovanissimo, prima di essere ucciso, viene arrestato per un tafferuglio con gli uomini della “principessa Notarbartolo”. Quando viene portato in caserma, esce l’espressione “sei un uomo inutile” dal comandante dei carabinieri, Daniele Pierangeli, che era schierato per i mafiosi piuttosto che per i contadini. Il secondo caso risale al 10 marzo 1948, a Corleone, un bambino dal nome Giuseppe Letizia, durante la notte accudiva un gregge. D’un tratto sentì delle urla e vide la mattanza di un uomo che veniva ucciso. Il padre di Giuseppe, l’indomani ritrovò il bambino agonizzante, allora decise di portarlo in ospedale dove trovò Michele Navarra, il primario dell’ospedale di Corleone e capomafia di Corleone. Il medico uccise il bambino per inoculazione di un veleno in quanto era l’unico testimone dell’uccisione del sindacalista Placido Rizzotto. La zona grigia non è collaterale alla mafia ma, in questo caso, è leadership.
Attilio MancaÈ stata molto coinvolgente la narrazione della storia di Attilio Manca, un medico, definito “illuminista”, ucciso a soli 34 anni. Nella storia di questo ragazzo sono presenti diversi profili di zona grigia. Ma prima di tutto, cosa è successo ad Attilio Manca? Il medico fu trovato morto una mattina in casa sua, a Viterbo; la morte era avvenuta durante la notte fra il 10 e l’11 febbraio del 2004. È stato trovato nudo, con il volto rivolto verso il materasso del letto, in una pozza di sangue, su cui era disteso, con il setto nasale deviato e lo scroto gonfio da impatto; nel suo braccio sinistro furono trovati due buchi, nel pavimento una siringa: questo fu il principale motivo per cui si pensò subito ad un suicidio. Un ragazzo come noi, un nostro coetaneo, uscito brillantemente dal liceo classico, che ha studiato a Roma alla Sapienza, che dall’ANSA veniva definito come uno dei migliori urologi, ad oggi per la procura della repubblica di Viterbo era un tossicodipendente. Dettaglio poco probabile, per cui i genitori si opposero all’archiviazione del caso in quanto era un mancino radicale e perché sostenevano che il figlio fosse stato ucciso per coprire un intervento da lui negato a Bernardo Provenzano. In effetti, è stato probabilmente così. Infatti, cinque pentiti, dopo la sua uccisione, hanno rivelato che la sua morte è collegata alla latitanza ed alla operazione alla prostata di Bernardo Provenzano. Ma la procura di Viterbo smentisce subito i loro pensieri mostrando i certificati, le prove concrete, a firma di Salvatore Gava che era a capo della squadra mobile della città, del fatto che Attilio si trovava in servizio all’ospedale di Viterbo, dato che il mafioso si operò in Provenza, nelle date in cui Provenzano subivaì l’operazione. Il programma “Chi l’ha visto?”, però, dopo dieci anni scopre che Attilio Manca, nello stesso periodo in cui veniva operato Bernardo Provenzano, non era regolarmente in servizio.
Tra i profili di zona grigia presenti in questo caso c’è sicuramente quello di Salvatore Gava, cioè colui condannato in via definitiva per aver falsificato i verbali del G8 di Genova, e Dalila Ranalletta, la dottoressa che ha curato il referto autoptico dopo la morte del Manca per conto della procura, la stessa dottoressa che fu consulente di parte della difesa di Massimo Bossetti, processato per il caso di Yara Gambirasio.
La zona grigia è ormai sotto i nostri occhi e si cela dietro un titolo che gode quotidianamente di meriti. Che Stato è questo? Come si potrà mai fare giustizia se chi lavora al suo interno sono gli stessi che portano una maschera pesantissima sul loro nome che nasconde la verità, la zona grigia?