LIMITATEZZA DELLA STORIA E IMMENSITÀ DEL MONDO CONTADINO
Una riflessione di Pierpaolo Pasolini

Lannino Anita, Lannino Roberta, Chinnici Martina, Bonetti Elena, Vassallo Giuseppe, Sala Samuel 5D


Pier Paolo Pasolini era figlio di una friulana e di un ufficiale bolognese, nasce a Bologna nel 1922, ma trascorre gran parte della sua vita a Roma. Si laurea in lettere nel 1948 e vive sulla propria pelle tutti i pregiudizi dell’Italia del dopoguerra, infatti viene espulso dal PCI, perché omosessuale. Sperimentatore instancabile, è fondatore della rivista “Officina“ insieme a Leonetti e Roversi. Nell’arco della sua vita subisce vari processi per “indegnità morale“, presunti scandali e provocazioni. Negli anni 60’ realizza per il cinema molti film per i quali il suo nome diventa noto in tutto il mondo. Nel 73’ collabora con il “Corriere della Sera“, i suoi articoli verranno raccolti nel volume “ Scritti corsari“. Viene Pasoliniassassinato sulla spiaggia di Ostia nel 1975.
Nell’articolo intitolato LIMITATEZZA DELLA STORIA E IMMENSITÀ DEL MONDO CONTADINO, Pasolini risponde alle critiche di Calvino e Maurizio Ferrara, con una lettera. Essi lo accusavano di rimpiangere l’età dell’oro e l’ “Italietta”, intendendo con questo termine un ‘ Italia rurale ancorata al passato, ma Pasolini ribatte che non avrebbe mai potuto rimpiangere un mondo che lo aveva sottoposto a continui processi e tormentato per quasi due decenni. Infatti, quel tipo di “Italietta” gli appare un mondo piccolo-borghese, fascista, democristiano e con una cultura volgare. L’autore trova quindi il bisogno di rompere gli schemi di questo mondo e gliene contrappone un altro, quello contadino. Ciò che apprezza di questo passato preindustriale è il suo carattere culturale fondato sulle identità locali ancora non annullate dall’omologazione e dal consumismo. Pasolini rimpiange “l’età del pane” quando gli uomini erano consumatori di beni strettamente necessari; al contrario, secondo Pasolini, i beni superflui rendono di conseguenza la vita stessa superflua. Pasolini accusa il capitalismo, poiché esso ha distrutto le varie culture. La nuova cultura è di tipo omologato, infatti, come si può riscontrare anche in ambito linguistico in Italia, i dialetti sono quasi scomparsi e con essi anche l’originalità delle diverse culture locali. Altrettanto grave agli occhi dell’autore è l’omologazione dei giovani, diventata ormai un fenomeno diffuso riguardante le ideologie e comportamenti. Il pensiero dell’autore risulta quanto mai attuale oggi nell’età della globalizzazione in cui gli esseri umani sono ormai conformisti e omologati.