La morte di un eroe
Giuseppe Vassallo e Antonio Lucia 5D
Il 27 ottobre 1962 morì uno dei padri
dell'Italia, Enrico Mattei. All'inizio si pensò ad un semplice
incidente, ma successivamente si scoprì che la prima ipotesi era
stata errata; fu un attentato, nel quale ancora oggi si aggroviglia
il filo del mistero e pare che ci sia steso un velo.
Un velo che però non riesce a nascondere delle dinamiche che
appaiono sempre più chiare: fu una bomba, piazzata nell'area dello
scarico merci, mentre antecedentemente si era sospettato un tragico
guasto al motore. Le prove e i resti dell'aereo sono ancora "vivi"
per miracolo, grazie ad un impiegato e amico di Mattei che riuscì a
prendere alcuni rottami dall'incidente, che successivamente furono
decisivi per la scientifica. L'aereo cadde nelle campagne di
Bascapè, in provincia di Pavia. Si potrebbe definire questo comune
come lapide dell'eroe italiano, del pilota Irnerio Bertuzzi e del
giornalista statunitense William Mchale della testata Time-Life.
Quando alle 18.57 il velivolo che trasporta Enrico Mattei approccia
la pista Milano-Linate, il carrello viene aperto, causando
l’esplosione del mezzo. Muore così una delle figure più importanti
nella storia italiana, capace con la sua spregiudicatezza e con il
suo fiuto per gli affari di sfidare da solo le 7 sorelle. Così
facendo però l’imprenditore si crea una lunga serie di nemici, che
tenteranno di infangare il suo operato e di limitare il suo potere
in tutti i modi. E’ in tale direzione che andavano cercati i
responsabili di una morte, che come è stato accertato, è stata
voluta, dolosa, causata dall’ odio e dall’ invidia di altri
imprenditori, incapaci di accettare che un uomo solo fosse in grado
di far cadere così facilmente l’impero che avevano costruito, come
se fosse un castello di sabbia. I mandanti ad oggi, come è facile
che avvenga in questi casi di importanza mondiale, non sono stati
trovati, ma numerose sono le accuse che alcuni magistrati e
giornalisti d’inchiesta, vogliosi di far luce sul caso hanno rivolto
a personaggi che si sono rivelati controversi, contraddittori nelle
loro dichiarazioni e nelle loro azioni.
Quando
viene ucciso, Mattei stava lavorando ad un accordo con Francia ed
Algeria che avrebbe dovuto assicurare all’ Eni l’accesso alle
riserve di idrocarburi del Sahara. Il gruppo Gaz de France si stava
già occupando della costruzione di un gasdotto nel Mediterraneo,
attraverso Gibilterra, al quale avrebbe dovuto associarsi anche Eni.
L’opera avrebbe rafforzato la posizione negoziale di Eni nei
confronti delle grandi compagnie petrolifere statunitensi con cui
Mattei stava trattando una sorta di tregua. Quando Mattei muore e il
suo posto viene preso da Eugenio Cefis e il progetto del gasdotto
viene abbandonato, un metanodotto dall’Algeria verrà costruito solo
20 anni più tardi. Cefis privilegerà il gas liquefatto della Esso
estratto in Libia.
Sicuramente c’è stata una complicità di apparati statali italiani ma
non solo. Certi ambienti interni alla stessa Eni e alla
Confindustria non sono stati estranei. Sostituire l’olio pesante con
il gas, come pensava di fare Mattei, era un’operazione che andava
andata a colpire gli interessi di molti imprenditori. Secondo alcuni
è da escludere che ci sia stato un ruolo degli Stati Uniti e delle
compagnie statunitensi, mentre non si può dire lo stesso della pista
britannica. Mattei aveva creato malumori per il ruolo svolto in
Iraq, dominio della Anglo Persian oil (ora Bp) e per la politica di
avvicinamento di Eni ai governi di Baghdad a cui era stata avanzata
una richiesta di concessioni.