L'uomo che osò sfidare i giganti del petrolio
Il gruppo Eni si lanciò nella competizione internazionale, dominata dalle potenti società petrolifere anglo-americane: le "sette sorelle"
Asia Chiovaro e Giada Chiovaro 3 D
Enrico
Mattei, grande personaggio italiano, nato nel 1906 ad
Acqualagna, figlio di un carabiniere, già a 39 anni era stato un
importante capo partigiano, nel 1945 aveva sfilato insieme agli
altri capi del suo livello nella Milano liberata, era democristiano
e proprio in quell’anno era stato nominato capo liquidatore
dell’AGIP. E’ stato un uomo che ha cercato di cambiare il volto del
suo paese modificando il destino economico in varie parti del
mondo. E’ da qui che inizia la sua avventura nel settore
dell’energia.
Mattei era commissario liquidatore dell’AGIP e pochi anni dopo fonda
l’Ente Nazionale Idrocarburi: l’ENI.
"Un gattino affamato e impaurito che si avvicina a una ciotola in
cui mangiano alcuni cani voraci", così in un'intervista del 1960
Enrico Mattei descriveva l'Eni, il gruppo energetico italiano di cui
era presidente e che si trovava a fare i conti con i temibili gruppi
stranieri, pronti a divorarlo come un gattino, appunto. E fu proprio
grazie alla tenacia di Mattei che l'Eni diventò il fiore
all'occhiello dell'industria italiana, arrivando a sfidare i giganti
stranieri del petrolio, che lui stesso soprannominò le "sette
sorelle".
I colossi petroliferi controllavano da soli il 90% delle riserve
mondiali di greggio, escluse quelle statunitensi, messicane e del
blocco sovietico, provenienti soprattutto dal Medio Oriente. Era una
lotta impari, e all'inizio nessuno sembrò prendere sul serio Mattei,
considerato un "petroliere senza petrolio". Non a caso fu lasciato
fuori dal cosiddetto "Consorzio di Abadan", voluto nel 1953 dal
presidente Usa Dwight D. Eisenhower, per spartirsi con le compagnie
di altri Paesi (tranne il nostro) il petrolio persiano. Fu allora
che Mattei tirò fuori gli artigli: con coraggio e scaltrezza si
ritagliò una fetta di mercato, stringendo accordi autonomamente con
i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
Le condizioni poste dal presidente Eni erano molto più vantaggiose
di quelle proposte dalle "sette sorelle", che lasciavano agli Stati
produttori solo il 50% dei profitti.
Ma
il "metodo Mattei" non passò inosservato e il capo dell'Eni,
considerato ormai l'uomo più potente d'Italia, si trovò circondato
da odi e rivalità. Contro di lui si scatenò inoltre una campagna
stampa pilotata dagli industriali italiani e stranieri. Ai
violentissimi attacchi dei giornali nazionali, tra cui il Corriere
della Sera, si aggiunsero quelli di colossi dell'informazione
stranieri come Fortune, Newsweek e New York Times; quest'ultimo
definì l'accordo con l'Urss "un attentato alla sicurezza del mondo
libero". Mattei rispose colpo su colpo, e fondò inoltre un
quotidiano: Il Giorno.
All'alba degli Anni '60, Mattei ce l'aveva fatta: l'Eni era il
motore della rinascita economica del Dopoguerra. Le "sette sorelle"
sembravano essersi rassegnate e, grazie anche all'elezione di John
F. Kennedy alla Casa Bianca, si arrivò finalmente a una distensione.
Non sappiamo come sarebbe proseguita quella controversa carriera
perché il 27 ottobre 1962 Mattei morì.