L’articolo 16 della costituzione italiana sancisce che “Ogni
cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte
del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge
stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e
di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.”
Mentre l’epidemia del coronavirus continua ad avere la meglio con il
continuo crescere di contagiati in tutta Italia, le autorità
governative hanno deciso di derogare le libertà civili, sancite
dalla carta costituzionale. Solo qualche giorno fa passeggiare,
scegliere se andare a cena oppure al cinema ci sembrava
semplicemente scontato ma l’epidemia di COVID-19 ha cambiato, la
nostra vita. Le libertà civili, sono compresse, alcuni diritti
devono recedere perché nella nostra Costituzione, tra tutti un
principio viene posto al di sopra degli altri: il diritto alla
salute. Anche se ognuno di noi avverte l’esigenza di muoversi
liberamente da un posto all’altro, senza il bisogno di chiedere
permessi o di dover rendere conto a nessuno dei propri spostamenti,
in questo momento, a causa dell’aggravarsi della situazione
sanitaria nel nostro Paese, tutti dobbiamo impegnarci nel quadro
della collaborazione e solidarietà, a rinunciare a tali libertà per
il fine comune. Un grande filosofo, Blaise Pascal definiva positive
“le bon usage des maladies”, l’opportunità, durante le disgrazie
fisiche, di dedicarsi alla preghiera, alla lettura e al pensiero.
Dobbiamo però considerare e riflettere su alcune conseguenze a
carico della collettività, in particolare l’impatto che un’epidemia
come quella che il mondo sta affrontando, produce principalmente
sulla libertà ma anche sull’economia. Siamo abituati a considerare
la libertà come un aspetto naturale della vita, ma dimentichiamo che
la Libertà, come la Giustizia e altri valori importanti, sono dei
lussi che la civiltà può permettersi solo quando ha consolidato
alcuni risultati ancor più fondamentali come l’alimentazione, la
salute, e la sicurezza. Uno Stato può infatti sopravvivere senza
libertà e senza giustizia, come avvenne per gli imperi di un tempo e
per le più recenti dittature del novecento, ma non può esistere
senza il cibo e senza la salute perché morirebbe, senza la
sicurezza, perché si disgregherebbe. Più o meno consapevoli di
questo, i governi e anche i cittadini hanno accettato le limitazioni
della libertà nell’interesse di beni superiori. Sono state chiuse le
scuole, le università, chiusi aeroporti e porti, limitati i viaggi e
gli spostamenti, salvo per esigenze lavorative. Sono stati chiusi
anche quei luoghi non considerati beni di prima necessità come i
bar, ristoranti e negozi. Continuano a rimanere aperte fabbriche che
producono beni essenziali, supermercati e farmacie. Nonostante le
ripercussioni economiche nessuno ha protestato, perché il timore
della diffusione del contagio ha prevalso sul sacrificio di alcune
prerogative che fino a ieri ci sembravano intangibili. Studiando
Platone, mi sono accorto che il suo pensiero sul modello di stato
“ideale e giusto”, ben si potrebbe adattare alla situazione che
stiamo oggi vivendo. Affinché lo stato funzioni bene Platone
suggerisce una suddivisione in tre diverse classi: individui
prevalentemente razionali che in questo momento io vedo
rappresentati dal governo; individui prevalentemente impulsivi
portati quindi ad essere guerrieri, io ci vedo i medici, gli
infermieri, la protezione civile, le forze dell’ordine e tutti
coloro che sono in prima linea per fronteggiare il virus; infine gli
individui prevalentemente soggetti ai loro desideri, in questo caso
noi cittadini che cerchiamo di aiutare, semplicemente restando a
casa e rispettando i decreti.
Vito Petta, 3L