Io
e la mia classe guidati dal "custode testimone" Giovanni Paparcuri
al "bunkerino" area del Palazzo di Giustizia utilizzata dai
magistrati per la lotta contro la mafia
Tra quelle mura, oltre ai tanti rumori provenienti dalla stanza del
giudice Borsellino, causati dalla tastiera della macchina da
scrivere con cui stilava i vari mandati di cattura e redigeva i
diversi rapporti utili alla lotta contro la mafia, come racconta
Paparcuri, spesso si sentivano le urla del giudice Falcone
“Paolooo!”,verso l’ufficio del dr. Borsellino che gli aveva nascosto
una delle sue amate papere, che collezionava, lasciando un biglietto
“Se viva la vuoi rivedere, cinquemila lire mi devi dare!” Come se lo
scherzo non bastasse, ogni tanto il dr Borsellino , ridendo ,
rinfacciava all’amico: “tu vuoi catturare i mafiosi, ma non sei
stato in grado di ritrovare la tua papera!” Tale aneddoto testimonia
che, nonostante l'enorme pressione che vigeva all'interno di
quell'ufficio, i due magistrati trovavano anche il tempo per
alleggerire la tensione scherzando.- Sento ancora le loro risate in
quei giorni difficili- ci racconta Giovanni Paparcuri ,mentre ci
accompagna nella visita del cosiddetto ‘bunkerino’, area blindata in
cui furono trasferiti i due magistrati per ragioni di sicurezza
verso gli inizi del 1980, guidato inizialmente da Rocco Chinnici e
successivamente alla sua morte dal giudice Antonio Caponnetto.
Proseguendo con la visita Paparcuri non può fare a meno di
raccontarci di come è stato il suo ritorno al palazzo di giustizia,
dopo che fu declassato successivamente alla strage del giudice
Chinnici, (di cui fu l'unico superstite) e di come il giudice
Falcone lo riaccolse. - Conosceva la mia passione per l’informatica
e mi chiese di aiutarli. Fu una sorta di premio, come essere nato
una seconda volta, ma nello stesso tempo un onore ed anche un onere.
Il dr Borsellino non si dava pace che tutti i dati del Palazzo di
Giustizia fossero in mano ad un’impresa privata esterna …da lì
cominciai creando una banca dati (che ancora oggi porta il mio nome,
di seguito ereditata dalla Procura) internalizzando il sistema -
Prosegundo la visita ed entrando nella stanza del Dr.Borsellino,
Giovanni Paparcuri fa prendere in mano ad uno studente il cappotto e
la borsa che facevano parte del kit di protezione che il Ministero
degli Interni aveva assegnato ai magistrati; successivamente
racconta di come il giudice Borsellino fosse consapevole che questo
kit era del tutto inefficiente e lo testò al poligono con gli agenti
della sua scorta, perforando con un proiettile la lastra di ferro
che doveva in teoria proteggere i magistrati, a testimonianza di
come le risorse fornite dallo Stato per la protezione dei due
giudici fossero "superficiali e simboliche" Sulla scrivania del dr.
Falcone era presente e ben visibile una montagna di fotocopie degli
assegni sequestrati da Falcone nel corso di un’inchiesta. Il
cosiddetto ‘metodo Falcone’ era una vera e propria filosofia
d’indagine basata sull’attenzione ai documenti finanziari, agli
scambi di assegni, alle impronte che il denaro lascia sempre dietro
di sé, dato che “la droga può anche non lasciare tracce, ma il
denaro le lascia sicuramente” (per la prima volta il pool fu
coadiuvato da una squadra della Finanza che lavorava in
corridoio).Infine Paparcuri conclude la visita raccontando un altro
aneddoto che testimonia la spontanea simpatia e la disponibilità
umana di entrambi i magistrati, i quali, invitati al suo matrimonio,
a suon di battute concentrarono l'attenzione di tutti gli invitati
non sugli sposi ma proprio su di loro. Entrambe le classi al termine
della visita hanno salutato Giovanni Paparcuri mostrando gratitudine
e ringraziandolo per aver permesso innanzitutto la visita, ma anche
per aver conservato e reso un monumento questa area del palazzo di
giustizia, da cui i due giudici hanno affrontato la mafia.
Francesco La Mantia IV D