Durante
il presente anno scolastico il liceo Regina Margherita di Palermo ha
organizzato un corso del famoso gioco di carte chiamato ‘bridge’,
con la partecipazione di alunni e professori. Grazie a questa
occasione abbiamo potuto intervistare alcuni partecipanti per
conoscere meglio l’origine e le modalità di gioco.
Il bridge è un gioco di carte, praticato in tutto il mondo, di cui
si organizzano tornei a livello internazionale, campionati mondiali
e gare anche durante le olimpiadi. Intervistando l’istruttore di
bridge, Fulvio Manno, presidente della Federazione Italiana Gioco
Bridge di Palermo, abbiamo compreso che il gioco nasce dal ‘whist’,
gioco diffusosi già nel ‘600. In origine giocavano solamente tre
giocatori e non esisteva ancora la dichiarazione, cioè la prima fase
del gioco che ha lo scopo di determinare il ‘contratto’, dunque
specificare il seme della briscola (atout) e il numero di prese che
una delle due coppie dovrà fare, in seguito nel 1873, si registra la
nascita del “Whistbridge” disputato tra quattro giocatori divisi in
due coppie. In tempi successivi si trasformò fino a diventare nel
1904 “l'Auction Bridge”nel quale venne introdotta la dichiarazione.
Vi è un’ulteriore variante, il Plafond Bridge, introdotto nel 1918
in Francia. Infine, nel 1925 nacque il “Contract Bridge” (Bridge
Contratto), le cui regole sono quelle in vigore ancora oggi e che fu
codificato dallo statunitense Harold Stirling Vanderbilt.
Successivamente il gioco si diffuse velocemente negli USA, anche
grazie ad Ely Culbertson, che scrisse diversi libri sul bridge e che
fu anche il fondatore, della prima rivista dedicatagli, il Bridge
World del 1929.
In Italia il primo libro dedicato al gioco fu pubblicato nel 1916 a
Cuneo. La federazione italiana gioco bridge nasce nel 1937 ma
pubblica sotto il nome di associazione italiana ‘’ponte’’ perché nel
periodo di autarchia, voluta dal fascismo, anche per ciò che
concerne la lingua, era vietato utilizzare termini stranieri.
Il presidente ci ha anche informati sul fatto che non si sa
esattamente da dove derivi il nome del gioco, però possiamo basarci
su alcune ipotesi sull’etimologia del nome. Ipotizziamo che possa
derivare dal fatto che durante la prima fase del gioco, la
dichiarazione fra i due compagni della stessa coppia, si crei un
‘’ponte di comunicazione’’ e proprio da esso deriverebbe il nome.
Giocando a ‘’whist’’, il mazziere, scoprendo l’ultima carta sul
tavolo, decretava l’atout. Con il bridge tutto ciò scompare perché
esso viene scelto da entrambi i compagni di coppia, che creano un
legame, un ponte, che starebbe a simboleggiare il collegamento fra i
due per scambiarsi suggerimenti sulla successiva mossa da compiere.
Altre ipotesi potrebbero essere che derivi dal russo ‘’biritch’’
oppure dallo slavo ‘’bric’’ ovvero tagliare o infine dall’arabo
‘‘biric’’, ovvero banditore. Fra le più accreditate ipotesi abbiamo
quella che derivi dal turco ‘‘bir-üç” (uno-tre), probabilmente
riferendosi alle carte scoperte di un solo giocatore mentre quelle
degli altri tre non lo sono.
Avendo
visionato ciò che è stata la partita del gioco, possiamo dare alcune
informazioni sul suo svolgimento. Vi partecipano quattro giocatori,
indicati con i quattro punti cardinali, divisi in due coppie rivali
il cui scopo è quello di massimizzare il numero di prese di gioco
(da 0 a 13) che si riescono a realizzare con le proprie carte. Il
gioco si compone di due fasi, la prima chiamata ‘’dichiarazione’’ o
‘’licitazione’’ e il gioco vero e proprio. La prima fase termina con
il cosiddetto ‘’contratto’’, cioè l’impegno di realizzare un certo
numero di prese, presupponendo che un determinato seme sia visto
come briscola e quindi atout, oppure che si giochi senza e quindi
“sans Atout”, in base al valore proprio delle carte. Se il
cosiddetto impegno non viene mantenuto, bisogna pagare una penalità
agli avversari; in caso contrario si guadagna un premio. Finita la
dichiarazione, si passa alla seconda fase dove si giocano tutte le
carte. Si utilizzano le carte francesi, 52 senza i jolly ed ogni
giocatore riceve 13 carte. La carta più alta di ogni seme è l'Asso,
poi seguono il Re, la Donna, il Fante, il 10, e via decrescendo fino
al 2 che è la "Cenerentola”. Il bridge può essere giocato in due
modi, nella forma di partita libera, chiamata “Rubber bridge”,
oppure in quella del bridge duplicato, nel quale i giocatori
possiedono le stesse carte; in questo modo il ruolo della fortuna
viene sensibilmente abbattuto perché tutti i giocatori hanno le
stesse possibilità di vincita e allora sta all’ingegno portarli alla
vittoria. I membri della stessa coppia possono confrontarsi durante
la partita però bisogna giocare in silenzio, senza poter fare
segnali. Sono concesse indicazioni lecite però esse devono essere
conosciute anche dagli avversari. Solitamente si giocano 18
smazzate, che rendono la durata del torneo in media lunga tre ore.
Lo scopo del bridge non è quello di portare ad un’eventuale vincita
irrisoria ma è quello di mettere in evidenza il piacere di arrivare
primi e la capacità di mettersi in gioco.
Inoltre, possiamo dire che questo gioco può essere indirizzato anche
a persone che possiedono dei problemi che rendono lo svolgimento del
gioco più complicato, per esempio i non vedenti. Il presidente ci ha
informati del fatto che anche essi possono giocare grazie a delle
tecniche di percezione della carta, attraverso il tatto, per cui i
partecipanti possono rendersi conto delle carte che possiedono. Per
questo si organizzano partite anche per i non vedenti, visto che
grazie all’ingegno, adesso è accessibile anche a loro.
Lucia Castelli classe IV Z