di Agnese Messina - 3X
In
questo momento il nostro Paese sta assistendo ad uno sconvolgimento
dei valori etici e morali, quali l’onestà, la giustizia. Ciò avviene
perché gli interessi individuali superano sempre più i bisogni
collettivi; denaro e potere si accentrano nelle mani di uomini
disposti a tutto pur di accumularne sempre più.
Ciò accade anche a causa dell’indifferenza. Essa alimenta la
criminalità; restare in silenzio a guardare senza fare niente, vuol
dire favorire le grandi organizzazioni criminali perché esse
prosperano grazie ai nostri silenzi e alla nostra indifferenza. Il
silenzio mette in pericolo la democrazia. Bisogna credere che ogni
cittadino possa fare la sua parte contro il radicamento mafioso
nelle nostre città. Perché, come cita il secondo paragrafo
dell’articolo 4 della Costituzione: “Ogni cittadino ha il dovere di
svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.” Occorre uscire dal silenzio e prendere la
parola. Perché una libertà passiva non esiste, la libertà va
esercitata ogni giorno e per essa occorre combattere.
Solo se smettiamo di tacere si avrà una società nuova, dove le
persone non stanno a guardare, ma diventano attori di scelte giuste
e consapevoli. Noi tutti siamo lo Stato e, in quanto parte
essenziale di esso, abbiamo il dovere di far regnare legalità e
giustizia con il nostro “modus operandi”.
Per far ciò è necessario che maturi una coscienza civile contro la
criminalità mafiosa e i danni che quest’ultima ha comportato e
continuerà a comportare se non faremo nulla per fermarla.
Negli ultimi venti anni c’è stata una progressiva partecipazione
della società alla lotta contro la mafia, ma c’è ancora molto da
fare. Per far sì che la legalità diventi qualcosa di naturale, è
necessario ispirare quotidianamente il nostro modo di vivere al
rispetto delle regole: se lo facciamo tutti assieme, costruiamo una
società che toglierà “Humus vitale” alle varie mafie.
Per combattere le mafie, bisognerebbe imparare a dire no alle tante
scorciatoie che la vita offre ogni giorno, ai favori, alle
raccomandazioni, preferendo “al puzzo del compromesso morale, il
fresco profumo della libertà”, come auspicava il giudice Paolo
Borsellino.
Bisogna rendersi conto che la criminalità è un fenomeno
terribilmente serio e molto grave, ma che si può vincere, non
pretendendo l’eroismo di pochi cittadini, ma impegnando in questa
battaglia tutte le nostre forze migliori, a partire dalle
istituzioni.
Dobbiamo capire che tutti noi possiamo diventare eroi e collaborare
insieme per riprenderci la nostra dignità, i nostri valori e le
nostre libertà. Insieme possiamo fare qualcosa: possiamo
concretizzare la forza dei nostri pensieri e delle nostre idee,
aiutando l’intera comunità a risollevarsi e a trovare l’ispirazione
per dipingere nuovi orizzonti.
Diffidiamo dalle convinzioni di coloro che credono che il fenomeno
criminale sia più grande di noi.
La libertà dalle mafie si conquista con il lavoro di tutti.
Magistrati e Forze dell’Ordine hanno il compito repressivo. Ma
ciascun cittadino, nel quotidiano, può dare il suo contributo per
affermare il diritto e l’onestà, condizioni che impediscono
l’affiorare delle mafie.
E’ importante parlare di mafia e ricordare tutti coloro che hanno
perso la vita a causa di essa, affinché ne rimanga viva la memoria.
Perché si ricostruisca la vera storia. Perché si renda finalmente
giustizia a chi della giustizia ha fatto la sua unica ragione di
vita.
Parlare di mafia vuol dire ripercorrere le terribili vicende che
infiammarono l’Italia a partire dagli anni ’60, riflettere sul
sacrificio di tante vite umane, che non hanno avuto nessun’altra
colpa se non quella della coerenza rispetto ai propri principi
morali. La riflessione si estende a tutti quei magistrati e uomini
che si sono battuti per diffondere un credo comune sacrificando la
loro vita per lo Stato.
Ricordare vuol dire combattere contro l’oblio, il più spietato
strumento di potere. E’ importante esercitare la memoria; è
importante ricordare coloro che hanno perso la vita perché
sostenitori di veri ideali. La memoria è lo stimolo, la spinta per
guardare al futuro.
Le persone muoiono, la memoria e le idee vivono: nessuno può
uccidere le idee. Noi tutti dobbiamo dare vita a questo messaggio:
“Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”;
per fare in modo che questo avvenga, occorre che le gambe ci siano e
affinché ci siano, è necessario che ci sia coscienza e
consapevolezza delle cose. Se non facciamo niente per evitare che la
Magistratura rimanga isolata, se lasciamo passare il messaggio che
basta eliminare l’uomo per eliminare l’idea, questo Paese non
vincerà mai la sua battaglia.
Ultimamente la mafia inizia a confrontarsi con un’apprezzabile
perdita di consenso, proprio a seguito del rafforzamento delle
istanze di giustizia sociale. La collettività sembra più propensa,
rispetto al passato, a respingere vessazioni e soprusi. Non rendiamo
vana l’eredità di quei cittadini che hanno profuso il loro impegno
nella lotta contro le organizzazioni criminali.
Della cultura della legalità noi giovani siamo la più preziosa
testimonianza, ma dobbiamo lottare affinché contro la criminalità
sia dedicato lo sforzo comune, di tutte le forze del nostro Paese:
non più fenomeno del Sud, ma fenomeno Italiano.
La criminalità organizzata si può debellare.
Serve la collaborazione e la volontà di tutti, in primis della
classe politica, perché purtroppo, in molti casi, è coinvolta
anch’essa. Occorre, inoltre, capire che il rispetto delle regole
porta ordine, pace, progresso, sviluppo e ricchezza nelle mani di
tutti e non di pochi. Dobbiamo dimostrare che la diffusione di un
maggiore senso civico favorisce un miglioramento generale della
qualità della vita. Mattone dopo mattone dobbiamo costruire un muro
per formare la società civile.
Questo cammino richiede un patto tra cittadini e istituzioni ognuno
per la sua parte, affinché questa nostra Italia cresca nella
consapevolezza delle proprie responsabilità e nell’esempio dei suoi
eroi, che hanno dato la vita per dimostrare che un Paese diverso è
possibile oggi come vent’anni fa.