3P Prassi Pedagogiche Positive

di Elisa Sutera, 1E

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3PIl 14 Dicembre 2021 le classi I e II della sezione E hanno partecipato all’incontro “3P Prassi Pedagogiche Positive” dedicato a Padre Pino Puglisi e al suo metodo.
La testimonianza della prof.ssa Rosaria Cascio è stata molto emozionante e travolgente. A molti alunni, infatti, ha suscitato la voglia di conoscere il Don e il suo metodo, lo “stile puglisiano”.
Inizia tutto nel ’90, quando Padre Puglisi viene nominato parroco a Brancaccio, un quartiere popolare di Palermo. Notando la mancanza delle strutture necessarie per una buona istruzione ed educazione, Puglisi cerca di collaborare creando il centro di accoglienza “Padre Nostro” dove ci si incontrava non solo per pregare ma per passare del tempo insieme, confidarsi, raccontare le proprie giornate.
L’apertura di questo centro per noi è anche segno di un’esplicita fiducia nella solidarietà degli uomini che esprime, potremmo dire, la provvidenza di Dio, che già si è espressa in tanti modi precedentemente, ma che continua ad esprimersi attraverso collaborazione, sollecitazione e coinvolgimento.”
Sono queste le parole di 3P rilasciate ad un giornalista durante un servizio TGS che raccontava dell’inaugurazione del centro.
Prima ancora di aprire il centro “Padre Nostro”, i ragazzi che lo seguivano fecero delle esperienze molto particolari e belle durante il lungo periodo in cui Padre Puglisi fu Direttore del Centro Diocesano Vocazioni di Palermo. Ad esempio il servizio prestato all’ospedale psichiatrico gestita dai “Fatebenefratelli”. La nostra professoressa ha partecipato a questo servizio e anche qui narra della sua esperienza con un anziano signore.
Il suo metodo lo applicava con chiunque, famiglie, i ragazzi che lo seguivano. Quando ascoltava, ti accoglienva così profondamente che era come se sapesse tutto ma faceva finta di non sapere.
In particolare era importante per 3P la pedagogia perché il suo interesse era indirizzato maggiormente i bambini.
La professoressa ci ha mostrato anche una scena de “Alla luce del sole”, un film del 2005 diretto da Roberto Faenza. La narrazione del film si basa sulle testimonianze di coloro che conobbero Puglisi; ogni minimo particolare dei racconti è stato inserito nel film, una ricostruzione. Nella scena, Puglisi invita dei bambini a giocare nel campo della parrocchia. Arrivati, inizia la partita e subito il primo fischio dell’arbitro. Due tra di loro stavano litigando pesantemente allora il sacerdote interviene nell’immediato. Usa i toni appropriati per fare capire ad ognuno che ha sbagliato, che non poteva fare di testa sua, come gli pareva. O meglio, poteva farlo fuori dal campo parrocchiale, in strada. Interviene, poi, per la seconda volta per le provocazioni di uno dei due ragazzini che stava litigandosi poco prima. L’atteggiamento di Padre Puglisi è particolare: questa volta si trattiene e, davanti a degli insulti da parte del ragazzino, reagisce con calma e senza distogliere mai lo sguardo dai suoi occhi.
Nonostante la professoressa sia cresciuta, abbia fatto le sue scelte, la morte di Padre Puglisi l’ha straziata.
Il suo metodo ha sempre continuato a praticarlo durante quegli anni, come fa tutt’ora.
La sua morte le provocò rabbia, così tanta rabbia che si chiese se fossero state sufficienti le lacrime versate. Delle parole forti, quelle della professoressa, che fanno commuovere.
Padre Pino Puglisi morì il 15 settembre 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, assassinato dal mafioso Salvatore Grigoli, affiancato da Spatuzza, mandati dai fratelli Graviano.
Accadde tutto nel piazzale Anita Garibaldi, a Brancaccio. I collaboratori di Cosa Nostra avevano anticipato tutto, si fecero il conto, addirittura, della distanza che c’era tra il portone di casa di Puglisi e il garage dove conservavano tutte le loro armi. Tra questa, una pistola calibro 7.65, l’arma con cui venne ucciso Padre Puglisi.
“I dettagli, i particolari sono imprescindibili”, dice la professoressa continuando il racconto della sua esperienza. Infatti, quest’arma non sarebbe stata in grado di colpire la vittima da un punto molto distante. Per questo, durante il processo, Grigoli racconta questo: arrivati a destinazione, insieme ad altri tre, urlai contro le spalle del sacerdote: “Parrì, questa è una rapina” strappandogli il borsello che conteneva i soldi che stava raccogliendo per pagare il mutuo di 100 milioni di lire. Il prete, però, non fugge, resta fermo, cosa che nessuno avrebbe mai fatto in una circostanza del genere. Lui si volta, accenna un sorriso e dice “Me lo aspettavo”. Ci siamo interrogati su cosa significasse questa frase e alunni e professori hanno dato diverse risposte. C’è chi ha detto che rispose così perché era sicuro di sé, perché non aveva rimpianti, perché, effettivamente, c’era da aspettarselo. Perché? Perché Brancaccio era il cuore di Cosa Nostra in quel periodo e Padre Puglisi cercava di evitare che lo rimanesse con il centro di accoglienza “Padre Nostro”. “Disturbava la mafia” solo per fare del bene, per trasmettere il suo messaggio, l’amore, per garantire un futuro migliore ai ragazzi.