MARTINA CASTELLI III E
Molte persone parlano di Padre Pino Puglisi ma lui,
veramente, chi è stato?
Don
Pino Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15
settembre del 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene
ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno
del suo 56° compleanno.
Lo potremmo definire “padre dei giovani” proprio perché i bambini
erano il suo punto di forza; egli amava i bambini, li faceva sentire
liberi di scegliere da che parte stare, insegnava loro la giusta
educazione e molti l’hanno criticato per questo suo modo di fare. Ne
hanno avuto paura, fino a decidere di ucciderlo.
Le persone che non lo volevano sono arrivati a dirgli “Cà unnè postu
pi ttia, e si vo arristari vivo tà fari i fatti tua !.
Quando gli venne dato l’incarico di andare a predicare la Parola di
Dio a Brancaccio egli non rifiutò, prese in considerazione tutte le
vicende che gli potevano accadere sia negative che positive;
s’imbatte in questa battaglia e non si arrese mai.
Emanava sempre allegria con quel sorriso stampato in faccia, aiutava
chiunque avesse bisogno, nelle sue prediche spiegava sempre da che
parte stare, spingeva tutti a scegliere una posizione, indirizzava
le persone, specialmente i ragazzi, verso la giusta via.
Don Pino Puglisi è considerato un uomo GIUSTO, ma lui lo è realmente
perché lui non predicava solo con le parole ma anche con i fatti.
PADRE PINO PUGLISI!
LA PAROLA DI DON PINO…
La
parola di Padre Pino può influenzare molto la vita di un giovane
perché, come uomo giusto, dà un insegnamento veritiero; lui non ti
obbliga a stare dalla parte sua, ti fa ragionare.
Le testimonianze che abbiamo portato all’interno di queste carceri
sono state realizzate da allievi di don Pino che hanno avuto il
coraggio di testimoniare il bene che ha fatto questa persona.
Essi hanno detto che Don Pino, quando dialogava con loro, non
pronunciava mai la parola “mafia” senza il suo personale impegno,
non si lasciava andare a commenti soltanto a prole bensì portava i
giovani a scegliere la pura libertà.
Il rapporto che Padre Pino aveva con i ragazzi si poteva
interpretare come un aiuto per la vita.
La formazione che Egli insegnava preparava i ragazzi alle loro
scelte e al loro ideale, scegliendo il bene al posto del male.
Facendo parlare i ragazzi, li introduceva a un ragionamento che
portava verso la loro libertà, fino a che essi stessi fossero capaci
di essere liberi davvero nel prendere decisioni per il futuro.
Ad avere inciso nella vita di Rosaria Cascio e di tantissimi altri
giovani come lei è il “metodo” di Don Pino, che puntava alla
crescita e alla maturazione dell’uomo in tutta la sua interezza.
Un’opera formativa che diventò la sua “condanna a morte” in un
territorio difficile come il quartiere di Brancaccio, governato da
Cosa nostra.
Puglisi otteneva risultati in due modi: parlare poco e testimoniare
molto; aiutav a scoprire il senso della vita.
Era, quello che lui proponeva, un percorso di crescita interiore che
prevedeva tre tappe: “chi sono io”; “sei unico in questo mondo e il
mondo ha bisogno di te”; “sì, ma verso dove?”, per trovare la
propria vocazione. Il prete dell’ascolto, apparentemente innocuo,
riuscì a innescare a Brancaccio una rivoluzione così radicale da
spingere cosa nostra ad ammazzarlo.
La reazione dei ragazzi all’interno di questi istituti di reclusione
è stata molto significativa: alcuni con coraggio prendevano la
parola e trasmettevano le proprie emozioni al pubblico. Un ragazzo
in particolare mi ha colpito perchè mentre una dottoressa parlava di
Don Pino dicendo che amava i ragazzi, in sottofondo, parlava da solo
dicendo: ”forse ho sbagliato, da oggi posso ricominciare da capo”!
Io, in quel momento, mi sono commossa perché, anche se non ha
parlato pubblicamente, ha capito che quello che lui aveva fatto era
stato sbagliato e che nonostante tutto, potrà diventare una persona
migliore.
Diceva Don Pino: Il primo dovere a Brancaccio è rimboccarsi
le maniche. E i primi obiettivi sono i bambini e gli adolescenti:
con loro siamo ancora in tempo, l’azione pedagogica può essere
efficace …. Ma già a quell’età non è semplice perché tanti bambini
sono costretti a lavorare o a rubare.
I
bambini del quartiere crescono con dei principi trasmessi da Don
Pino Puglisi. Ovviamente, non contenta di questa situazione, la
mafia inizia a intimidire il Padre con atti di guerra psicologica,
ad esempio bucando le gomme dei motorini dei suoi studenti delle
scuole superiori che andavano con lui a dare una mano al centro
d’accoglienza.
Don Pino fu un esempio per moltissimi ragazzi, con la sua parola
accoglieva il pensiero di ogni giovane e lo faceva proprio per
analizzarlo e aiutare il ragazzo nel migliore dei modi.
Quando fu trasferito a Brancaccio cominciò a organizzare molte
attività rivolte ai minori e alle famiglie.
Credeva molto nella figura dell’assistente sociale all’interno della
comunità. Sapeva che da prete non poteva dare tutte le risposte alle
esigenze della gente. Questo lo fece rendere sospetto agli occhi
della mafia. La sua morte fu voluta perché ‘questo prete’, «rompeva
le scatole, non ci lasciava in pace» proprio per la sua azione
pedagogica educativa.
Molti centri educativi sono stati rivolti verso la figura di Padre
Pino Puglisi in tutta Italia proprio perché lui la sua vita l’ha
dedicata interamente ai giovani, per rendergli visibile una visione
di vita diversa dalla quale loro vedevano: schierandosi sempre dalla
parte dei piccoli. Puglisi metteva al primo posto proprio la dignità
delle persone, principalmente di quelle più deboli e vulnerabili.
Fonti utilizzate: Wikipedia, R. Cascio e S. Ognibene “Il primo
martire di mafia. L'eredità di P. Pino Puglisi” Dehoniane, 2016.