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Pirandello:colui che ha “smascherato” la vita

Essere svegliati, un giorno, dal “fischio di un treno” è un fatto che ormai capita a ben pochi; accorgersi di vivere, di essere parte integrante della stessa vita è quasi un cataclisma, un terremoto che sconvolge i nostri sensi, che ci scuote nel bel mezzo della notte e ci rivela quel ”flusso vitale”che col tempo abbiamo preferito fermare per paura di scoprire una verità complessa che all’uomo non appartiene o meglio non conviene. Luigi Pirandello
Un dì il signor Belluca aprì gli occhi e, svegliatosi dal sonno mascherato che opprime l’esistenza umana, si alzò e si lavò il viso con la gelida acqua cristallina del flusso della vita, profumandosi di umorismo e “svestendosi” di maschere.
Cos’è, dunque, in fondo l’esistenza? Un ciclo continuo di attimi “costruiti” sulla base di un prototipo certo che è il giudizio altrui :<< Ebbene si>>, afferma Vitangelo Moscarda protagonista del romanzo per eccellenza “Uno, nessuno e Centomila” << l’uomo piglia a materia anche se stesso e si costruisce, sissignori, come una casa>> come un castello che racchiude e imprigiona un flusso eterno che ci condurrebbe solo alla pazzia, che pazzia in realtà non è.
Se riflettiamo per bene, infatti, e ci FERMIAMO un momento ci accorgiamo certamente che vuoi o non vuoi per gli altri il nostro naso pende sempre verso sinistra,per noi invece è sempre dritto e perfetto. A cosa credere allora? A ciò che vivo dall’interno o a ciò che gli altri vivono di me dall’esterno?
E se continuiamo a riflettere e soprattutto TROVIAMO IL TEMPO DI FARLO, ci rendiamo conto di non essere noi stessi se non in virtù di ciò che siamo per gli altri e di ciò che noi vogliamo essere per noi stessi. Non siamo, se non in relazione ad un’illusione, se non in relazione ad una maschera che ci protegge dal vuoto del non-senso della COMUNE pazzia.
In verità, come afferma Pirandello nella novella “Il treno ha fischiato”, ci sentiamo parte del mondo e, quindi, vediamo ciò che siamo e ciò che è la vita nel momento in cui tutto è silenzio e tutto si FERMA: è allora che scorgiamo il vero significato di pazzia comune poiché ci rendiamo conto che siamo stati dei pazzi a non aver visto che viviamo nella non-libertà, che viviamo in catene, nelle catene altrui, con le manette di una società che ci limita e che ci mostra e ci impone idee universali, tradizionali e vuote se per noi lo sono. maschere
Nulla è certo, tutto è relativo! La certezza è dei “saggi”, l’incertezza dei folli.  Chi siamo,dunque? Siamo “Personaggi in cerca di un autore” nella speranza che esso ci scriva sopra una storia ma siamo anche un po’ Moscarda alla continua ricerca di noi stessi. Se scoprissimo chi siamo, agli occhi della gente, appariremmo come dei pazzi, dei deviati, degli individui fuori da ogni regola.
Verremmo giudicati, emarginati, derisi, incompresi, ma saremmo LIBERI, uniti al flusso vitale, plasmati nella vera vita.
Razionalizziamo ciò che siamo per paura di perdere quello che abbiamo costruito, ma siamo caparbi nel non comprendere che tutto in un soffio può svanire, e allora distruggiamo la maschera vecchia e ne edifichiamo una nuova che comunque non ci appartiene se non per timore di conoscere e far conoscere chi siamo.
Nel corso della storia grandi uomini sono stati creduti pazzi , a loro tempo, oggi invece li ammiriamo come geni, li elogiamo per i loro meriti, ottenuti solo per quel “piccolo grano di pazzia “ presente in loro,per la fiducia nel loro credo.
Serafino Gubbio attraverso la scrittura riuscì ad andare oltre il suo lavoro di operatore, oltre quelle macchine cinematografiche bestiali che catturano la vita superficialmente, quasi fosse un’impronta di luce o un fotogramma cartaceo. L’OLTRE è quel punto di vista che fa vedere aldilà del nome stesso, aldilà di questa prima maschera che costringe a pensare che la nostra vita si risolva entro le lettere che lo compongono. In realtà la vita continua: << non è altro che un’epigrafe funeraria, un nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. E non sa di nomi la vita.>>
Pirandello dunque ci vuole spingere a riflettere, ci vuole scuotere e ammonire affinché esploda dentro ognuno di noi quella “dinamite” di “sana pazzia” che ci conduce alla genialità.  Morire all’uomo vecchio, per rinascere come uomo nuovo: qualcuno l’aveva detto, ma è stato messo in croce. Chi abbandona il proprio “io sociale” perde la propria vita e viene “messo in croce” da chi non lo riconosce più, come se per colui che si è liberato ci si senta in dovere di ricercargli ” il senno perso sulla luna”… Non siamo Astolfo ma uomini in continua ricerca…

Giuliana Maria Romeo 5^ O

















 

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